“Metamorfosi” di Lolita Timofeeva e il suo codice spirituale
di Elisabeth Thatcher
Il 18 di gennaio a Bologna in
occasione di ArteFiera 2013 nella galleria B4 è stata inaugurata mostra
personale di Lolita Timofeeva “Metamorfosi” che si concluderà il 7 di marzo.
Quando sono entrata la mia prima
impressione è stata quella di un ordine del tipo scientifico-religioso. In questa mostra tutto è unito in un puzzle
unico, in una formula di armonia naturale: l'artista e la sua arte. Le immagini
delle piante e degli insetti, i fossili di animali fantastici e l’installazione
con le maschere antigas sono disposti in un ordine perfetto che non può essere
toccato, perché si potrebbe compromettere la formula ideata dall'artista - una
specie di codice del suo sistema personale
di origine spirituale. Il visitatore si trova a compiere un percorso nel quale
tutto è stravagante e nello stesso tempo logico.
Timofeeva usa sia i materiali
arcaici che contengono le informazioni sul passato dell’umanità, sia le
tecniche classiche come il disegno e la pittura esibendo rara virtuosità che a
pochi ormai appartiene.
E’ stato brillante l’intervento
di Carlo Monaco all’inaugurazione che nella sua lettura filosofica ha toccato
il rapporto di connessione tra i due piani: quello divino e umano, trattenendo
l’attenzione dei visitatori sulla scultura di pesce costruita con un vero
cranio di cinghiale e la rete metallica. E’ un pesce gigante appeso con la
testa in giù e illuminato come fosse una reliquia con le candele.
Il simbolo del pesce nella
cultura cristiana è estremamente importante. Infatti, già dal primo secolo i
Cristiani fecero un acrostico per la parola pesce in Greco
"ichthys": Iesous Christos Theou Yios Soter, (ICTYS) che
tradotto è: Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore ed è il termine usato nel Nuovo
testamento per indicare il "pesce". Quindi secondo Carlo Monaco
l’artista con questa scultura ha rappresentato il sacrificio di Cristo.
Nel testo di Carlo Monaco
pubblicato nel catalogo della mostra si legge:
“Davvero insolita questa mostra, o forse installazione, di recenti lavori di Lolita Timofeeva! Insolita
e dichiaratamente ambiziosa. Si rivolge direttamente al visitatore potenziale e
lo avverte: attenzione che io ti voglio cambiare. Uscirai da questa visita con
un'altra forma mentale e morale. Non pensare di cavartela dando una occhiata
superficiale e furtiva ai lavori esposti e di esprimere qualche giudizio di
gradimento o di apprezzamento più o meno occasionale. Sarai coinvolto persino in attività creative
e di scrittura. Dovrai cambiare forma anche nel tuo mondo interiore, diventare
un altro. Quando la vedrai capirai che la metamorfosi non è un processo
immaginifico di fantasmagorie, ma la realtà più profonda del mondo e delle
cose, e allora dovrai interrogarti e problematizzare il tuo quieto appagamento
esistenziale e cambiare anche tu. Sei avvertito in via preventiva…”
Il coinvolgimento del visitatore
nell’attività creativa di scrittura è un invenzione di Lolita Timofeeva che la
pratica nelle sue ultime mostre. La possibilità di lasciare un proprio pensiero
in forma anonima ha prodotto in me, come penso anche in altri visitatori un
senso di appartenenza all’arte e il senso di appartenenza dell’arte a me. Trovo
affascinante far parte di un progetto e di questo si tratta. I pensieri
espressi da tutti noi saranno rielaborati dall’artista e assumeranno la forma
di poesia. Così anche noi siamo coinvolti nella metamorfosi.
Scrive ancora Carlo Monaco nel
suo testo: “…dalle visioni proposte nella
mostra lo spettatore si trova spinto con forza ad abbandonare le cose che risultino ovvie all'intelletto
comune e a scoprire il carattere fortemente problematico dell'ovvietà.
Il brivido del nichilismo ontologico può spingerci fino alle regioni
più estreme, quando, nel cuore della mostra, ci imbattiamo in un teschio di
uomo o animale, sottratto alla perifericità dell'abbandono ed eretto, al centro
di una gabbia, a vero simbolo del cammino biologico animale e umano.
E in quel momento potrebbe coglierci l'angoscia. Potremmo avere
l'impressione che sappiamo tutto, chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo.”
E così conclude il filosofo
bolognese: “Ora, caro visitatore, sei
ammonito abbastanza. Non avventurarti ingenuamente nel mondo delle metamorfosi
di Lolita. Vai a vedere la mostra raccogliendo prima tutte le tue idee e i tuoi
ardori. Non rimarrai deluso, ma coinvolto seriamente, a tuo rischio e pericolo.
Potresti alla fine scoprirti anche tu accomunato nello stesso destino di Gregor
Samsa, di risvegliarti scarafaggio, la
più tragica delle metamorfosi di cui si sia occupata la letteratura moderna.”
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