Trasmutare la morte in vita, “Gioie di Lò” by Lolita Timofeeva
di Alberto Parisi
Lolita Timofeeva, artista
lettone, stabilitasi da anni a Bologna, ha lanciato una sua linea di gioielli - "Gioie di Lò".
Usando materiali innovativi in quanto arcaici e quasi non considerati, guidata
dalla visione trascendente della creatività, ha realizzato vere e proprie
sculture in miniatura di un’originalità assoluta.
La abbiamo intervistata nel suo
studio, a Bologna.
Alberto Parisi. – Dunque, cara Lolita, questo è un esordio o qualcosa che deriva da esperienze precedenti?
Lolita Timofeeva. No, questo non
è un debutto. In passato ho già disegnato
gioielli, che sono stati poi realizzati da orafi vicentini e presentati
dalla mia gallerista olandese. La differenza è che questi gioielli ora li eseguo
io, personalmente.
A.P. – Quindi si è cimentata anche nell’arte orafa?
L.T. No, no! L’oro, nel mio caso,
è usato come rifinitura finale. Lavoro con osso che, dopo trattamenti
appropriati, alla fine ricopro con foglia d’oro zecchino 24 carati, con la
tecnica che si usava per le antiche icone russe. Si tratta di piccole sculture,
impreziosite con oro. Ogni esemplare è unico, le forme possono essere simili ma
mai uguali.
A.P. – Perché l’osso? Come è nata l’idea?
L.T. Perché in questo periodo sto
lavorando a un progetto, per il quale realizzo sculture e installazioni con le
radici degli alberi e osso. Così,
manipolando questi materiali e osservando la loro intrinseca bellezza, mi è sorta
l’idea di trasferire le mie creazioni in una scala minore, anzi minima, per produrre
qualche gioiello per me stessa. I materiali sono leggeri rispetto ad ogni altro usato in oreficeria,
quindi si possono creare volumi abbastanza importanti anche per gli orecchini
senza soffrirne il peso. Per nobilitare la materia l’ho ricoperta d’oro, ho
aggiunto alcune pietre naturali ben tagliate, montandole con dettagli in argento e ho iniziato a indossare
questi gioielli. Mi sono resa conto che queste creazioni non passavano
inosservate. Un giorno li ha notati una mia amica che ha un piccolo negozio,
“Angelique”, in via Orefici a Bologna ed ha insistito per averne. Così ho
ricevuto lo stimolo per creare una vera e propria prima collezione ragionata.
A.P. – Fin dall'antichità gli uomini hanno avuto il desiderio di adornarsi
e i primi gioielli venivano realizzati proprio in osso oppure in legno, corno e
avorio. Quindi è un ritorno alle origini primordiali?
L.T. – Esatto. Sembra che l’uomo
primitivo abbia pensato di adornarsi prima ancora di vestirsi. La storia della
gioielleria risale a ventimila anni prima della nascita di Cristo. Nell’antichità
l’osso si riteneva materiale apotropaico (dal greco αποτρέπειν, apotrépein
= "allontanare"), in quanto rappresentava ciò che “sopravviveva” alla
morte fisica, quindi con potere di scongiurare, allontanare o annullare
influssi maligni. Le ossa di alcuni mammiferi erano levigate, lavorate e
utilizzate per collane-amuleto. Erano ritenute dotate di qualità magiche e divinatorie. A parte il
loro potere esorcizzante, mi affascina l’idea di trasmutare la morte in vita, la fine in oro, di compiere un rituale nel quale,
dopo la morte, c’è la rinascita.
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