Passioni offuscate
di Lino Cavallari

Insomma, dici di esserti divertita con le opere degli artisti emergenti, nomi che io non conosco perché sono fuori dal giro anche se resto informato con le riviste del settore. Ma oggi non c'è paragone con quanto si viveva negli anni 1960-'70-'80, come ti può testimoniare Helga Schneider, il cui nome leggo nel sottofondo del tuo blog. Lei, che ha alle spalle una storia terribile nella Germania di Hitler descritta in alcuni libri, come me collaborava alla edizione pomeridiana del Resto del Carlino, "Carlino Sera". E' per questa ragione che l'ho ricordata a un collega che ora vive a Beverino (La Spezia), Gualtiero Vecchietti, figlio del commediografo Otello Vecchietti noto come "Massimo Dursi" e nipote di Giorgio Vecchietti inventore della rubrica televisiva "TV 7", perché Gualtiero era come il redattore capo di questo giornale che radunava un mucchio di giovani, alcuni dei quali si sarebbero fatti strada, come Giorgio Rossi ("Giorgio Cortenova") direttore fino a qualche tempo fa di Palazzo Forti a Verona, o Enrico Franceschini, attuale corrispondente da Londra per "la Repubblica" dopo esserlo stato da Mosca. In tal modo la Schneider ha potuto parlare a lungo con Gualtiero, che ora dirige un giornalino, "La Gazzetta del Vara", rievocando quei tempi in cui l'arte destava passioni forti e sanguigne, insomma "hot" come i "misteri" sanguinolenti di Hermann Nitsch, e non il moderato interesse d'oggi, freddo e pallido, "cool", quasi in un limbo illuminato dal neon. In Italia, che io sappia, il neon in tubi fluorescenti, per simulare il percorso di rami d'albero, esempio di concettualismo, fu usato per primo da Germano Olivotto, che oggi sarebbe certamente una stella se fosse vissuto.
Accantonato il finto tecnicismo di Nam June Paik, con i suoi televisori ammonticchiati, questi sono i tempi di Marco Lodola e di Jeff Koons, che peraltro hanno fatto anch'essi il loro tempo (come testimoniano le tue fotografie ad "Arte Fiera") ma i giovani mi sembra vadano ad attingere abbondantemente nel "Nouveau Realisme" di Pierre Restany e soprattutto in quel movimento trasversale che fu il Gruppo "Fluxus" (che non viene neppure più nominato, forse per timore di identificare le fonti di una presunta freschezza inventiva), oltre che nella vastità del Futurismo e sue filiazioni nei vari paesi del mondo in cui si espanse.
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